Neferty |
|
| Neferty uscì dal palazzo reale e si diresse verso Tebe. Aveva bisogno di pensare lucidamente. Il suo Dio le comandava di fare una cosa che a lei non pareva giusta, ma non avrebbe disubbidito all'ordine e ciò avrebbe comportato dei disagi e delle sofferenze per le persone che lei amava. Dapprima il suo amato Nitram avrebbe sofferto, ma seppur trafitto nel cuore e nell'orgoglio avrebbe capito la necessità di ubbidire ad Amon. Poi veniva sua cugina Iset, la quale, con ogni probabilità si sarebbe infuriata. Tuttavia Neferty contava sulla sua ragionevolezza, nonostante la situazione non fosse delle migliori. Anche per lei stessa la nuova condizione non era facile. Non si sentiva adeguata al compito di Regina, non voleva usurpare il posto di Iset affianco al Faraone e sicuramente se fossero arrivati dei figli non si aspettava che diventassero discendenti. Anzi...tutto questo non lo voleva...il suo unico desiderio era quello di tornare al Tempio e non uscirne più. Quella era la sua casa, il suo mondo, che una volta aveva creduto tranquillo ma che ora rappresentava una minaccia per le nuove disposizioni ricevute dal Dio. Chissà poi perchè proprio lei avrebbe dovuto diventare Regina consorte e ufficiare le funzioni religiose. Certo, era la somma sacerdotessa, ma questa mansione l'avrebbe conservata anche senza andare in sposa a Thutmosis. Proprio non capiva il motivo! Ma doveva pur esserci un motivo se Amon aveva predisposto così! L'unica cosa che poteva fare ora è avere fede, poiché le cose si sarebbero risolte in bene. Continuò a camminare anche se accusava una certa stanchezza alle gambe, anche se avrebbe voluto riposare. Com'era difficile la vita a volte! Portava a scelte tanto dolorose! Per un momento ebbe come l'istinto di urlare la sua frustrazione contro il fato ma poi si riscosse. Non era decoroso imprecare contro gli Dei e nemmeno opportuno! Era solo grazie a loro che era ancora viva e la sua completa devozione doveva servire per venerarli e non oltreggiarli. Si sedette alla base del grande obelisco che ornava la piazza della capitale e, nascosta la faccia tra le ginocchia piegate, si mise a piangere....
|
| |